Defibrillatore scarico: muore in aereo
Madre di passeggero accusa compagnia che opera negli Usa
Al via negli Stati Uniti il processo intentato dalla madre di un giovane passeggero deceduto a bordo di un velivolo operato dal vettore aereo American Airlines perché, questa è l'accusa, il defibrillatore non ha funzionato poiché non sarebbe stato debitamente caricato. Sono oltre 350.000 le persone che ogni anno muoiono di arresto cardiaco improvviso negli Stati Uniti. Usare un defibrillatore nei primi tre minuti dà il 70% di possibilità di sopravvivenza.
È la vicenda di Kevin Greenidge, che il 4 giugno 2022 si trovava su un velivolo decollato dall'aeroporto di San Pedro-Sula, in Honduras, diretto allo scalo internazionale di Miami (volo AA614). Mentre l'aeromobile si trovava in fase di crociera, l'adolescente era andato in arresto cardiaco, perdendo i sensi. Alcuni membri dell'equipaggio erano intervenuti con un defibrillatore automatico esterno (Dae), che però non avrebbe funzionato a dovere.
La madre del ragazzo, Melissa Arzu, si è rivolta ad un avvocato, che ha intentato una causa contro American Airlines presso il tribunale distrettuale di New York: secondo l'accusa le batterie del dispositivo Dae erano scariche ed il personale di bordo non era addestrato alla rianimazione. Una eventualità che violerebbe l'Aviation Medical Assistance Act del 1998, che richiede alle aerolinee americane di avere a bordo attrezzature mediche efficienti e personale formato sulle operazioni salvavita.
AVIONEWS - World Aeronautical Press Agency