Le restrizioni imposte dall'Italia sugli aerei delle Ong (Organizzazione non governativa) impegnati in missioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo riflettono una disomogeneità normativa all'interno dell'Unione europea. A maggio, l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) ha proibito a questi velivoli di operare da aeroporti italiani come quelli di Catania, Palermo e Lampedusa, un'azione già intrapresa nel 2019 durante il Governo Conte. Questi voli, spesso gestiti con aerei civili piuttosto che militari, sono stati vietati per la loro associazione ad operazioni non coordinate con le autorità italiane, sollevando preoccupazioni sulla loro legalità e sicurezza.

A differenza dell'Italia, che regolamenta queste attività attraverso normative dettate da organi come Icao (International Civil Aviation Organization) ed il ministero delle Infrastrutture e trasporti (Mit), altri Stati membri dell'Unione non aderiscono alla stessa linea, come dimostra Malta e la registrazione di alcuni aeromobili in Svizzera, Paese non Ue ma parte di Easa (European Aviation Safety Agency), dove operazioni di questo tipo non sono proibite.

Queste discrepanze normative possono potenzialmente compromettere la sicurezza aerea e favorire attività illecite, inclusa l'immigrazione clandestina, utilizzando la presenza di tali voli come punto di riferimento. L'Enac ha chiesto astensione dalle operazioni Sar (Search and Rescue) ad Ong come "Pilotesvolontaires", che nonostante le contestazioni ha continuato ad operare grazie a decisioni legali come quella del Tar (Tribunale amministrativo regionale) a luglio, che ha favorito l'Ong basandosi sulla registrazione del velivolo in Austria.

Queste dinamiche sottolineano l'urgente bisogno di un approccio coordinato ed unificato a livello europeo per regolare le operazioni Sar delle Ong, garantendo così la conformità alle norme di sicurezza e legalità internazionali.